
Quante volte è capitato di ascoltare discorsi di questo genere da parte di imprenditori di PMI italiane? Per chi si occupa di marketing, come Prolution group, è praticamente pane quotidiano. E spesso, superficialmente e per facilità di pensiero, si è portati a biasimare questo ragionamento scaricando le colpe sull’ignoranza, in ambito marketing e pubblicità, dell’imprenditore di turno. La responsabilità però non è la loro, almeno non del tutto, dal momento che parliamo di persone che in molti casi sono completamente assorbite dall’attività stessa e non hanno tempo, modo e competenze per gestire anche l’aspetto pubblicitario.
L’importanza vitale dell’investimento in pubblicità e la sua scarsa programmazione
E’ fuor di dubbio che, come diceva il buon Henry Ford, “chi smette di fare pubblicità per risparmiare soldi, è come se fermasse l’orologio per risparmiare tempo”. Fare investimenti in marketing e pubblicità significa infatti farsi conoscere, creare la visibilità, ingenerare fiducia nel marchio e nell’attività stessa. Significa, in buona sostanza, aumentare le vendite. Se un tempo il detto popolare sottolineava l’importanza della pubblicità sostenendo fosse l’anima del commercio, di questi tempi, in Prolution, diciamo che la pubblicità non ne rappresenta più soltanto l’anima, bensì anche la pelle e le ossa. In altre parole è tutto. Tanto importante da esserlo spesso addirittura in misura maggiore rispetto alla qualità del prodotto/servizio che si offre al cliente. Una parte così fondamentale per il proprio business può allora essere lasciata all’improvvisazione, senza una benché minima programmazione? Sembrerebbe una domanda retorica – ed in effetti lo è – ma nelle PMI gli investimenti in pubblicità sono lasciati all’improvvisazioneed alla sporadicità in oltre il 90% dei casi.
Il concetto di “Prova”: l’azione una tantum che stronca il marketing delle PMI
Il marketing, se così si può chiamare, della piccola impresa italiana è fatto spesso di una realtà basata infatti proprio su sporadicità ed improvvisazione, fondata su azioni spot e sul concetto tanto caro di “prova”. La “prova” altro non è che quell’azione una tantum, inutile ed illusoria, che viene messa in pratica dall’azienda con l’incosciente consapevolezza che porterà ad un buco nell’acqua. Una sorta di “purificatore di coscienza”, buono soltanto ad incarnare l’alibi per i mancati investimenti futuri, come da frase di partenza.
Il percorso virtuoso: dall’aumento della visibilità all’aumento del fatturato
Come già detto la responsabilità non è soltanto dell’azienda o dell’imprenditore stesso, ma anche e soprattutto di chi, nella veste di esperto di marketing, asseconda una giustificata paura del cliente, non mettendolo in guardia dal fatto che il riscontro è solamente l’ultima parte di un percorso che inizia con l’aumento della visibilità e che, come in un effetto domino, porta alla generazione dinuovi contatti, nuove visite (ingressi in negozio, richieste di preventivi, ingresso nel sito e-commerce etc.), nuove vendite e di conseguenza nuovo fatturato. E come si innesca questo percorso? Bé questa può sembrare la parte più difficile, ma in realtà si basa su un concetto piuttosto banale, ma che, come abbiamo visto, quasi sempre sfugge ai più: bisogna programmare gli investimenti in marketing e pubblicità.
Programmare investimenti in marketing e pubblicità
La parola “programmazione” per le aziende italiane, a differenza di quelle americane su tutte, fatica ad essere associata agli investimenti in marketing e pubblicità. In Italia si programma come riuscire a mantenere alta e costante la qualità del prodotto/servizio, si programmano gli investimenti per avere una struttura e arredi alla moda, si programmano gli investimenti su materie prime di alto livello ed infine, se avanza, si pensa ad investire quei due soldi rimasti sul far conoscere l’attività. Diametralmente all’opposto di quanto succede negli States, patria del marketing, dove il progetto di business parte proprio dal come far conoscere la propria attività e come vendere i propri prodotti/servizi. Esempio pratico e banale può essere, in grande, la Apple. A Cupertino si inizia a tutti gli effetti a “vendere” l’immagine, le funzioni, il design etc. del nuovo iphone, prima ancora di averlo materialmente realizzato. Si può chiamare piano di marketing, business plan, strategia pubblicitaria o in altre mille maniere ma, aldilà delle definizioni, la cosa davvero fondamentale è pianificare gli investimenti in marketing e pubblicità quantomeno su base annuale, mantenendo una certa visibilità lungo tutta la durata dell’anno. Tradotto significa investire un minimo durante tutto l’anno (minimo trimestralmente), per farsi vedere anche nei periodi più morti, per poi incrementare gli investimenti nei periodi cruciali (in base al settore di competenza), per riuscire così a sfruttare tutte le occasioni che il mercato ci offre. A questo punto l’obiezione più frequente è “si d’accordo, ma quanto mi costa farmi conoscere tutto l’anno”? Bene. Qui a venirci in aiuto potrebbe bastare uno “Zanichelli”, aprendolo prima alla lettera “c” alla parola “costo”: “Spesa necessaria per ottenere la proprietà o la disponibilità di qualcosa”. Dopodiché alla lettera “i” di “investimento”: “Impegno di risorse per acquisire beni o servizi volti ad ottenere successivamente una maggiore utilità economica”. Si investe per ottenere un aumento del fatturato.